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Giulio Di Meo (Capua, 1976) è un fotografo freelance italiano particolarmente impegnato nel reportage sociale. Fotografo atipico, porta avanti i propri progetti in modo indipendente; non lavora per agenzie, né per riviste. Crede nella fotografia come strumento per informare e denunciare, come mezzo di cambiamento personale, sociale e politico. “E’ questa la mia fotografia, quella che amo e che mi piace definire sociale; una fotografia fatta di lotta, rabbia, indignazione ma anche di amore, passione, speranza….una fotografia impregnata da un’intensa umanità”. Da una decina di anni cerca di promuovere, attraverso incontri e workshop, in Italia e all’estero, un nuovo modo di vivere la fotografia. È convinto che il reporter non può limitarsi solo a informare ma deve agire concretamente, impegnandosi nelle realtà che documenta. A partire dal 2003 lavora al progetto fotografico Riflessi Antagonisti sulle realtà e lo sfruttamento dei paesi latinoamericani e dal 2006 a Obiettivo Sahrawi sulle condizioni di vita nei campi profughi. Tra i suoi reportage: Riflessi Cubani; Tra cielo e terra, sulla quotidianità delle Favelas di Rio de Janeiro; Casa Luzzi vive, occupazione di un ex-ospedale di Firenze da parte di 350 famiglie di immigrati; Fiori di strada, sulla vita delle prostitute di Bologna; Rocinha, una favela di Rio de Janeiro; Dandara, un’occupazione urbana di Belo Horizonte in Brasile. Nel 2007 realizza per l’Arci il libro “Cinquant’anni di sguardi”, un viaggio attraverso i circoli in Italia. Negli anni ha realizzato mostre, calendari, poster e incontri per raccogliere fondi per diversi progetti sociali in queste realtà. Di Meo ha ascoltato molto e ne ha fatto immagini, guidato dalla speranza che il tempo e la storia, che premiano solo i vincitori, non dimenticassero gli attimi fatti passare in sordina. A quegli attimi ha dato una luce, con quegli attimi cerca di suscitare l’indignazione di fronte all’ingiustizia.
Padre Dario Bossi è un missionario comboniano, emigrato dalle montagne prealpine alla preamazzonia del Maranhão, nordest del Brasile. Vive da cinque anni a Açailândia, terra ricca di vita e accoglienza, ma impoverita dall’aggressione del progresso. Dopo essere cresciuto come missionario nelle periferie di São Paulo, ha imparato a camminare a fianco dei giovani in Italia ed é tornato alla sua terra brasiliana, dedicandosi alla vocazione evangelica di promozione di pace e giustizia sociale e ambientale. Nel 2010 pubblica Il prezzo del ferro, scritto insieme a Francesco Gesualdi, dove vengono raccontati i misfatti di una multinazionale del ferro e la risposta della rete di resistenza popolare che vi si oppone.
Francesco Gesualdi (Foggia, 1949) è un attivista italiano. In gioventù fu allievo di Don Milani alla Scuola di Barbiana. Coordina le attività del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano (PI), un centro di documentazione che si occupa di squilibri sociali e ambientali a livello internazionale. Francesco Gesualdi ha pubblicato vari libri e articoli riguardanti la negazione dei diritti umani, lo sfruttamento del lavoro minorile, il potere delle multinazionali, la crisi dell’occupazione, l’impoverimento a livello globale, il problema energetico, il debito del Terzo Mondo, l’inquinamento e la distruzione dell’ecosistema. Promuove l’uso di strumenti come il consumo critico, la banca del tempo, lo sviluppo sostenibile, cercando di favorire una rivoluzione degli stili di vita, della produzione e dell’economia. Collabora con la rivista Altreconomia e ha fondato insieme ad Alex Zanotelli la rete Lilliput. Nel libro Dalla parte sbagliata del mondo Gesualdi racconta al giornalista Lorenzo Guadagnucci la sua vita e le sue battaglie. Nel 2011 ha pubblicato il romanzo I fuorilega del nordest, dove affronta il tema della xenofobia e I mercanti della notizia, un’analisi delle famiglie e delle istituzioni che detengono il potere economico e politico in Italia.