
ANA CLARA
di Eidth Moniz
Traduzione di Paolo D’Aprile
(Nella foto il carcere di Pedrinhas)
Lo abbiamo saputo dagli organismi internazionali di difesa dei Diritti Umani: le carceri del Maranhão sono da anni sotto il dominio della criminalità organizzata. In pochi mesi sessanta detenuti sono stati assassinati dentro le mura del carcere; un grande numero di stupri contro le mogli di detenuti durante l’orario di visita; droga, armi e telefonini circolano liberamente sotto lo sguardo di autorità corrotte e inefficienti. Il governo federale decide di intervenire. La reazione della criminalità è immediata. La divulgazione delle immagini (non il fatto in sé, ma la sua divulgazione!) ha aperto un dibattito nazionale. Ma l’imminente inizio dell’ennesima edizione del Grande Fratello, sta definitivamente mettendo a tacere la realtà.
Preferisco non tradurre gli articoli di giornale che raccontano i fatti con minuzia di informazioni e particolari, preferisco tradurre le considerazioni di Edith.
Nel link in allegato, l’indicibile.
L’immagine della bambina vietnamita in lacrime è impressa nella coscienza collettiva dell’umanità.
È passato molto tempo. La pelle a brandelli, la bocca in una smorfia di dolore e là in fondo il villaggio disintegrato in una palla di napalm.
Quarant’anni dopo, le immagini del mio paese girano il mondo, ma il mondo ha cose più importanti da fare e da pensare, che assistere alla danza grottesca della bambina in fiamme che sembra non accorgersi di bruciare viva. Cammina come un bambola impazzita senza sapere che la sua morte non è un incidente, che il suo soffrire è il simbolo del Brasile reale ignorato e nascosto dalle autorità sotto il manto della falsa allegria di un paese felice. Qui tutto viene misurato da numeri enormi. Il mio pese è il luogo delle enormità. Nelle prigioni centinaia di dannati occupano lo spazio dove potrebbero starci solamente alcune decine. Migliaia, un luogo dove ci starebbe un centinaio. I più forti tagliano a pezzi i più deboli, le teste rotolano in un mare di sangue. I detenuti filmano l’esecuzione. All’ora di cena il telegiornale tra le tante notizie, trasmette anche questa. Contemporaneamente nel palazzo del governo si discute la quantità e la qualità delle provvigioni per l’anno che inizia: aragoste, caviale, champagne. Neanche la presenza dei soldati della forza nazionale riesce a fermare la furia assassina. I detenuti ordinano l’assalto alla città. Gli autobus vengono bloccati e incendiati. La bambina-bambola brucia viva davanti a tutti noi. Le viscere esposte sono il grido della miseria della mia gente. L’Angelo della Morte è passato come fuoco e la bambina non sa che la sua morte è parte di un gioco molto più grande di lei, le cui regole sono state scritte altrove. Nella cella le teste rotolano in un mare di sangue. I corpo martoriati dal coltello espongono le ferite della complicità della società assetata di vendetta. In fin dei conti sono tutti delinquenti, che si ammazzino pure tra loro, che continuino ad ammazzarsi. Il Male dalle mille facce ride nelle oscenità dei governanti, primi e ultimi responsabili.
L’insopportabile silenzio di Dio assiste al massacro del suo popolo.
Dicono che Lui consola gli afflitti.
Dicono anche che stia là dove più si soffre.
Ana Clara Souza, sei anni, bambola brasiliana nelle Sue braccia.
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